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Agosto

Sii umile

Nella vita soprannaturale, ciò che attira Dio è la piccolezza o, per meglio dire, quell’amoroso riconoscimento della propria piccolezza, che si chiama umiltà. “Perché eccelso, il Signore guarda le cose umili” dice il Salmista (Sl 137,6). “Ha rivolto i Suoi sguardi alla piccolezza della Sua serva” (Lc I,48), canta la Vergine, nel Magnificat. E Gesù rende lode al Padre celeste “Perché ha nascoste le eterne verità ai dotti e ai sapienti e le ha rivelate ai piccoli” (Mt 11,25). Ma l’umiltà piace e si rende simpatica anche agli uomini perché diffonde il profumo più soave ed esercita la più grande attrattiva.

Stava qui il fascino che partiva dallo spirito del Padre Giacomo, e che si manifestava potentemente in tutte le direzioni. Chi lo vedeva la prima volta, si sentiva istintivamente spinto ad amarlo; ma chi già lo conosceva, l’amava e lo venerava come un santo.

Dio, che voleva far di lui un capolavoro di umiltà, gli aveva dato un’indole aurea, la quale si prestava mirabilmente al suo disegno divino; infatti mai oppose alcun serio ostacolo alla grazia, anzi si mostrò quasi predisposto a riceverla. Egli era nato, si può dire, umile, e non era necessario facesse alcun grande sforzo per sentirsi fratello ai Poveri, ultimo tra i piccoli, uguale ai più miseri, compagno ai caduti, avendo coscienza della propria umiltà. Avrebbe voluto abbracciare la vita d’umile fraticello e, solo per ubbidienza, ascese al sacerdozio, la cui sublime dignità lo rendeva sgomento; però, dal giorno della sua consacrazione, fece suo il motto di S. Paolo: “Mi sono fatto servo di tutti, per guadagnar tutti a Cristo”, e divenne il servo dei Poveri, togliendo qualsiasi distanza tra sé ei più miseri, i più derelitti, i più colpevoli; piegandosi fino a loro, nutrendoli, vestendoli, pulendoli, pettinandoli, baciandoli con amore e rispetto. Ma, prendendoli così, per il cuore, infondeva in essi l’ardore della sua Fede e della sua Carità; dispensava il sollievo materiale ai corpi e, nello stesso tempo, elevava, guadagnava a Dio, salvava le anime.

Se dovessimo riportare tutto quel che pensava e diceva di sé, ci sarebbe da rimanere stupiti, nel vedere quale abisso attingesse la sua umiltà. Chiamava sé stesso l’emporio delle imperfezioni e la pecora zoppa, che arriva sempre ultima; diceva che la Provvidenza si mostrava troppo generosa con lui, il più orrendo peccatore e il più miserabile e indegno ministro; e che la riverenza, di cui lo circondavano, era umiliante per la sua miseria. Inoltre raccomandava a tutti di pregare, perché l’anima sua non si smarrisse alla contemplazione delle proprie miserie, le quali, per quanto credesse di conoscerle, non erano che appena sfiorate.

Rispondendo a S. Em. il Cardinale Giuseppe Guarino (uno dei primi Padri coadiutori), che si era rallegrato per l’istituzione della Casa dei Missionari, scriveva: “Si allieti, o Padre nostro carissimo, guardandoci come frutto del suo zelo, per la grazia di Dio, che ci ha portato fin qui; ma non ci guardi da lontano, donde tutto sembra ammirevole. Ella vede in noi ciò che ha fatto e fa Dio, ma non può vedere quello che siamo noi, e quanto bisogno abbiamo delle sue paterne premure… Venga a rinfuocare la sua casa, donde per divina disposizione si è dovuta allontanare, affidandola a chi non ha saputo custodirla”.

Amante e schiavo dell’umiltà, voleva che i suoi figli la praticassero fino all’eroismo e, con profondi gemiti, supplicava il Signore che li santificasse tutti, facendoli però rimanere occulti e oscuri: “Signore, fateci santi, ma non sugli altari!”.

I pensieri che seguono, mentre danno in qualche modo la misura dell’umiltà del Servo di Dio, tracciano la via per raggiungere il Regno dei cieli, aperto soltanto a chi si fa piccolo come i fanciulli.

 

 

– 1 –

Viviamo nella umiliazione del nostro nulla, come creta nelle mani del vasaio, pronti a pigliare quella forma che ci vien data.

 

– 2 –

La superbia della nostra vita chiama contrario tutto ciò che ci umilia, mentre invece viene a stabilire la virtù nell’anima nostra.

 

 – 3 –

Quando il Signore ci concede la grazia di farci conoscere le nostre mancanze, la cosa migliore che possiamo fare è quella di umiliarci e di emendarci.

 

– 4 –

Spesso, Dio permette il male per ricavarne il bene, perché alle anime è necessaria la conoscenza della propria miseria, per capire il grande tesoro della misericordia di Dio.
Questa doppia conoscenza mette l’anima nel sentiero della salute. Perciò S. Francesco cominciava sempre la santa orazione, dicendo: “Signore, fatemi conoscere chi sono io, e chi siete Voi”.

 

– 5 –

Quando un’anima possiede il dono della santa umiltà, custodisce facilmente la propria innocenza, senza arrivare a conoscere il male per propria esperienza; ma quando l’anima manca di umiltà e ha qualche concetto di sé, o naturalmente o per suggestione del demonio, in questo caso il Signore, con graduate proporzioni, tollera che essa arrivi anche a conoscere il male, per rendersi conto della propria miseria e riuscire, per questo mezzo, a rimettersi nella giusta via.

 

– 6 –

I momenti dell’umiliazione e del disprezzo sono molto preziosi per le anime che cercano veramente Gesù Cristo, perché son quelli che le rendono a Lui più somiglianti; esse, mentre sentono il distacco dalla terra, sentono maggiormente elevarsi a Dio, unendosi alla croce di Gesù.
Ti auguro di saperli apprezzare e trarne tutto il profitto.

 

– 7 –

Profitta delle tue debolezze per umiliarti al cospetto di Dio, e sapere così compatire il prossimo, in simile circostanze.

 

– 8 –

La nostra debolezza è un grande mezzo nelle mani di Dio, per elevarci sino a Lui. Per questo mezzo, Egli svela all’anima nostra l’orrore della di lei miseria e, così, distrugge l’amor proprio, per darci quello Suo, e unificarci nella Sua volontà e nel Suo amore.

 

– 9 –

Il nostro patrimonio è solo debolezza e miseria. Se Dio ha voluto sposarsi alle anime nostre bisogna si contenti della meschina dote che gli portiamo e abbia cura di amministrarla a Suo modo.

 

– 10 –

Cosa ne comprendiamo noi delle misericordie che Dio ci usa? È certo che Egli, con la soave violenza Sua, opera nelle anime in un modo sorprendente, imprimendo in esse la Sua impronta… Oh come sono arcane e incomprensibili le vie di Dio! Egli non schifa di avvicinarsi alle carogne più fetenti, per riorganizzarne le putrefatte membra in un corpo vivente; per farne cosa? … Egli sa quel che fa! Ma cosa può saperne lo schifoso putridume, degno solo di essere profondamente sotterrato, per disfarsi del tutto e finire di appestare il mondo?

 

– 11 –

Riconosci di essere una creatura vilissima e inutile: inabile a ogni cosa di bene, se Dio non ti aiuta; pronta a ogni male, se Dion non trattiene; e abbandonati interamente a Lui, aspettando che faccia di te tutto quello che vuole.

 

– 12 –

L’anima, che non ha spirito di umile sottomissione, è pietra di scandalo; il suo cattivo esempio spinge al male, perché le sue mormorazioni scandalizzano e indeboliscono le anime.

 

– 13 –

Non essere seguace di Lucifero, che voleva essere simili all’Altissimo, sollevandosi sul trono di Dio; ma segui Gesù, che si sottomise all’umiliazione della croce.

 

– 14 –

Diffida di te stesso, e sappi dubitare del tuo giudizio. Non essere ostinato nel tuo modo di pensare, ma cedi sempre umilmente e generosamente. Il cedere è atto nobile e non indica debolezza, ma grandezza e fortezza d’animo.

 

– 15 –

Che gran motivo abbiamo di lodare il Signore quando ci visita con le Sue prove! Esse sono tanto più dolorose quanto più ci umiliano; ma la nostra natura prava, dominata da un orgoglio prepotente, neanche al cospetto di Dio vorrebbe credersi tanto miserabile quanto effettivamente è. Se così non fosse, perché tanta angustia alla vista della nostra miseria? Siamo forse qualche cosa di più che miseria e orrore?

 

– 16 –

Se Dio si è compiaciuto onorarci e arricchirci dei Suoi doni, dobbiamo riflettere che sono Suoi; e quand’anche Egli permettesse che ci venissero sottratti, dobbiamo sopportare la nostra nudità in pace, esponendola interamente al Suo sguardo paterno, perché si commuovano le viscere della sua misericordia su di noi.

 

– 17 –

Dio ha redento la nostra volontà e, per Sua misericordia, ci ha fatto pronti a morire mille volte, anzi a soffrire le pene dell’inferno, piuttosto che offenderlo; questo è dono Suo, perché noi, inclinati alle creature, non solo non siamo capaci di tanto, ma siamo anzi pronti ad ogni lordura e bassezza. Or questo dono di Dio deve essere la nostra luce fra le tenebre densissime del nostro cuore. Esso sarà come un saldo scoglio nell’oceano tempestoso del cuore, che resisterà all’impeto degli sconvolti flutti. Sarà come una fortezza inespugnabile, ove si rifugerà la nostra miseria combattuta.

 

– 18 –

Se la nostra salute dipendesse da noi solamente, se l’edificio della nostra perfezione dovesse elevarsi secondo l’ideale della nostra mente, poveri noi! Ci riuscirebbe come (fanno) le scimmie, di fabbricarlo nell’aria, per vederlo rovinare in un momento.

 

– 19 –

Lasciamo fare a Dio, Egli sa come deve guidarci per distruggere in noi l’uomo antico ed edificarvi il nuovo; e se permette che cadiamo nelle nostre miserie, lo fa per umiliarci, perché l’anima conosca davvero quello che è, e gema al Suo cospetto, per essere sgravata dall’orrore delle proprie miserie, come e quando a Lui piacerà.

 

– 20 –

  1. Francesco, per tutta la vita fece sempre questa orazione: “Signore”, diceva “fatemi conoscere chi sono io e chi siete voi!”. Se il dono della santa umiltà ci tenesse come il Pubblicano pentito, saremmo meglio giustificati dalla grazie, a differenza del Fariseo superbo. Tante cose, però, sono piccolezza di mente e il Signore le permette nelle anime più care, perché vuole la loro umiliazione.
    Quel che importa è di ricever sempre tutte le cose dalle mani di Dio, il quale nella Sua bontà, fa tutto per il nostro meglio.

 

– 21 –

Tutto serve nelle mani di Dio, anche la nostra miseria. Lasciamo fare in tutto al Signore. Egli sa fare figurare da principe anche Pulcinella, quando questi serve ai Suoi santi voleri …e permette le umiliazioni perché l’anima, esinanita, si abbandoni interamente nelle Sue braccia amorose. Riconosciamo la nostra miseria e umiliandoci sempre, sperando nella misericordia del buon Gesù.

 

– 22 –

L’anima, che sente l’abbandono di Dio, deve esaminare sé stessa e annientarsi. In ciò è aiutata dallo stesso apparente abbandono, che le fa conoscere meglio il proprio nulla e il gran vuoto che resta per la lontananza di Dio.

 

– 23 –

Ascolta il consiglio di chi ti ama veramente in Gesù Cristo: mettiti alla presenza del Signore, fa con semplicità e sincerità il tuo esame di coscienza, e mostrati alla guida dell’anima tua tale quale sei dinanzi a Dio.

 

– 24 –

L’esame giornaliero ti consoliderà nella virtù della santa umiltà, perché ti aiuterà a conoscere e a correggere i tuoi difetti, e ti farà spogliare del vecchio Adamo, per farti rivestire del nuovo Gesù.
Esercitati poi nella santa umiltà, se vuoi ottenere le grazie di cui hai bisogno.
Iddio dà le Sue grazie alle anime veramente umili.

 

– 25 –

Umiliati sempre dinanzi al Signore, e agisci con la massima semplicità nell’adempimento dei tuoi doveri e nel corrispondere alla grazia di Dio.

 

– 26 –

Taglia senza pietà tutto ciò che può insuperbire il tuo spirito, contando solo sulla tua fedeltà e sulla santa ubbidienza, e Dio ti rafforzerà contro la funestissima bestia della superbia.

 

– 27 –

Ama il Signore e fa di tutto perché Egli sia glorificato nella tua miseria. Profitta di tutto per mostrare la tua fedeltà e la tua gratitudine verso un Dio tanto buono, che dispone ogni cosa per il tuo meglio.

 

– 28 –

Prega il Signore che ti faccia tutto Suo, e ti riempia del Suo puro zelo, spogliandoti di te stesso, in ogni momento della tua vita, e infondendoti i doni del Suo Santo Spirito, per potere osservare vene i tuoi doveri.
Adora con pieno contento e rassegnazione la divina volontà, anche nelle desolazione, e conoscerai, a poco a poco, cosa sei e cosa vali; così, mentre si andrà gradatamente distruggendo il tuo amor proprio, tu acquisterai la santa umiltà.

 

 – 29 –

Ma questo non è lavoro da farsi in un solo colpo; bisogna che la scure ritorni, più e più volte, nello stesso taglio, perché superbia e amor proprio sono come il legno, che si ammacca per non farsi tagliare, e come l’acqua della conca che, calpestata, s’innalza.

 

 – 30 –

L’anima che si umilia dinanzi a Dio e ritorna pentita al Suo amore, trova sempre l’amorosa accoglienza del divino Pastore, che l’ha cercata per tutta la notte della sua separazione e del suo crudele allontanamento.

 

– 31 –

L’anima ravveduta scende con tranquillità dolorosa nella propria umiliazione e, con la fedele perseveranza, consolida la sua nuova vita nella santa umiltà. Essa non si stanca di supplicare l’amoroso nostro Gesù, dicendogli con sincera umiltà: “Signore, se non siamo vostri e per Voi, o se siamo ancora qualche cosa agli occhi nostri, distruggeteci, e cominciate in noi l’opera Vostra!”.