Adorazione Eucaristica Cusmaniana
La devozione eucaristica è fondamentale nella spiritualità cusmaniana e fu dal beato Giacomo Cusmano vissuta in una triplice dimensione: come “pane di vita”, quale “Povero-sacramento di Cristo” ed in quanto “boccone eucaristico-pane spezzato”, per sfamare i poveri per mezzo del cibo materiale e spirituale.
Per il Cusmano anzitutto l’Eucaristia, in linea con la Tradizione della Chiesa e sulla scia di sant’Alfonso Maria de Liguori, è “Sacramento dell’amore” e “Pane di vita”. È il “gran Sacramento dell’amore, in cui Gesù si dà tutto a noi nel suo corpo, nel suo sangue, nella sua anima, nella sua divinità”. Nell’Eucaristia, Gesù “esaurisce la sua onnipotenza divina”: “amante appassionato”, ci cerca, riceve le nostre visite, ci invita alla mensa. Egli si dà tutto a noi, in cibo alle nostre anime, quale a “convito d’amore”. Ma questo “sublime sacramento dell’amore” è un modello e un richiamo per noi: il nostro amore umano, necessariamente limitato, si corrobora in Cristo Eucaristia, si apre sempre più alle dimensioni dell’amore divino e diventa capace di amare autenticamente gli altri; è pertanto il segreto dell’efficacia del nostro amore terreno. Allora, esorta il Cusmano: “Viviamo in lui, per lui, formiamo una cosa sola con lui e saremo una cosa sola anche tra noi!”.
Nel contesto secolarizzato in cui viviamo, nella società che si allontana sempre più da Dio, la santa comunione è il rimedio più efficace. Gesù, “Pane di vita”, ci vuole tutti salvi; nel dramma del peccato e nell’allontanamento sistematico da Dio, Gesù interviene con la Redenzione e col suo amore misericordioso, dandosi tutto a noi. Anche il Cusmano, reagendo al rigorismo d’influsso giansenistico e sulla scia della tradizione dei Gesuiti e di sant’Alfonso, insiste sulla comunione frequente, anche giornaliera.
Dobbiamo quindi far di tutto per “crescere alla fonte di vita eucaristica”, sentire vera “fame” del pane eucaristico, partecipare alla Santa Messa unendoci all’offerta del Corpo e Sangue di Cristo, intensificare le comunioni spirituali, le visite al SS. Sacramento e le altre pratiche di devozione eucaristica.
In secondo luogo c’è un tratto che qualifica la devozione eucaristica cusmaniana e che fonda la fede nel servizio apostolico: “Sacramento di Cristo” è l’Eucaristia, ma lo è pure il Povero; sono “Corpo di Cristo” l’uno e l’altro. Gesù si nasconde e si annienta per nostro amore: il Verbo “umanato”, spogliatosi della sua gloria e condividendo la nostra natura umana, è diventato il “povero per eccellenza”. Ma il “nascondimento” e lo spogliamento di Gesù non cessarono con la morte: egli volle restare con noi nel sacramento dell’altare e lo stesso Gesù, che è rimasto per noi nel sacramento eucaristico, è pure nel “Sacramento del Povero”. I testi cusmaniani a riguardo sono tantissimi e sparsi per tutto l’epistolario: il tema di “Gesù presente nel Povero”, più che un semplice argomento, è una “dimensione” che permea tutti i suoi scritti e ne costituisce il filo d’oro. Donde, per il Cusmano, la pratica di vita cristiana non può prescindere dalla fede viva operante per la carità. È quella che viene detta l’“Eucaristia del povero”: “L’atto di fede nella presenza reale del Signore nell’Eucaristia è incompiuto finché non viene perfezionato dall’atto di carità nei confronti del corpo del Signore nascosto nel fratello sofferente”. Contemplazione e azione, celebrazione e servizio, la mistica caritativa cusmaniana.
C’è infine un tratto apostolico specificamente “bocconista”: il “boccone eucaristico” e la mensa condivisa. Gesù sfama la doppia fame, materiale e spirituale; così il “boccone del povero”. Tutti i cristiani siamo chiamati a cooperare a che i poveri abbiano la vita fisica, attraverso il cibo materiale, e la vita divina, attraverso la ricezione del pane eucaristico. Il Boccone del Povero è la mensa dell’amore che unisce ricchi e poveri nella carità, costituendo per tutti motivo di salvezza e di santificazione, oltreché offrire la possibilità di costruire una società più giusta, fondata sulla condivisione e sulla comunione. Il “boccone” cusmaniano fu una novità assoluta nell’Ottocento ecclesiale siciliano, sì da fare del Cusmano un antesignano e un profeta dei tempi nuovi. Allora fu un invito alla carità di tutti nella Chiesa, in quanto espressione della comune figliolanza dello stesso Padre, pedagogia della carità ecclesiale, “condivisione” e “mensa familiare aperta”, coinvolgimento di tutti ed uguaglianza a partire dall’incontro alla mensa eucaristica.
Costituisce lo specifico cusmaniano: ancora oggi può e deve portare alla difesa e alla promozione dei poveri; c’è una stretta correlazione tra il “Boccone eucaristico e le fami del mondo”. È un invito ad impegnarci fortemente per il ripudio di ogni violenza o lotta. Secondo lo spirito dei primi tempi dell’Opera, il “Boccone”, come l’Eucaristia da cui deriva e a cui si ricollega, è un “atomo d’amore”, che propugna la rivoluzione dell’amore.
1. GESÙ PANE DI VITA
1 – CANTO DI ESPOSIZIONE DEL SANTISSIMO
2 – PREGHIERA DI ADORAZIONE
Sia lodato e ringraziato ogni momento
T. Il santissimo e divinissimo Sacramento.
Gloria al Padre
T. Come era nel principio
Oppure:
Adoriamo il Signore, qui presente in mezzo a noi
T. Il suo amore per sempre.
Preghiamo
O Cristo, Verbo del Padre, re glorioso fra gli angeli, luce e salvezza del mondo, in te crediamo.
Cibo e bevanda di vita, balsamo, veste, dimora, forza, rifugio, conforto, in te speriamo.
Illumina col tuo Spirito l’oscura notte del male, orienta il nostro cammino incontro al Padre. Amen.
3 – ASCOLTO DELLA PAROLA
Siamo una comunità riunita nel nome del Signore. Una certezza deve animarci: il Signore è presente in mezzo a noi in vero Corpo, Sangue, Anima e Divinità. Egli è il “Fratello e Dio nostro, vita e tesoro delle anime nostre, eterna nostra felicità, nostro bene, nostro tutto. Partecipiamo spesso alle sue carni immacolate per cui ci vien comunicata la vita; ogni tesoro ci verrà dato con questo tesoro di ogni tesoro” (Giacomo Cusmano).
L.1 Dal Vangelo secondo Giovanni: Gv 6, 48-58.
“Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo.
Allora i Giudei si misero a discutere tra di loro: ‘Come può costui darci la sua carne da mangiare?’. Gesù disse: ‘In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me. Questo è il pane disceso dal cielo, non come quello che mangiarono i vostri padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno’”.
Oppure: Gv 6,26-34 – Gv 6,35-40
PAUSA DI RIFLESSIONE
L.2 Dalle lettere del P. Giacomo Cusmano
“Nel sacramento dell’Amore, Dio esaurisce la sua onnipotenza. Essendo quel gran Dio che è, non può darci più di quello che ci ha dato. Egli stesso si dà a noi in quel Sacramento; notte e giorno sta ad aspettarci nel sacro ciborio, per ricevere le nostre visite, per comunicarci i suoi lumi, le sue grazie. E proprio l’Amante appassionato che non cura stenti e sofferenze, purché veda un momento solo l’oggetto del suo amore. E quasi fossimo noi l’oggetto della sua felicità, sta ivi carcerato, soffrendo noncuranze, disprezzi, dimenticanze. Aspetta che arrivi il momento in cui ci avvicineremo a Lui.
L’amore, fratello mio, tende alla perfetta unione […]. Cosa desiderano due che si amano, se non di stare uniti, di prevenirsi i pensieri e i desideri? E questo gran desiderio di perfetta unione è tanto grande che non si sazia mai: è sempre poco il tempo che è accordato agli amanti; fosse un secolo, la loro unione è imperfetta e lascia desiderare una intimità maggiore; quella che fa divenire due anime in un corpo solo, anzi come suol dirsi, un corpo solo ed un’anima sola! E se fosse possibile che uno degli amanti si costituisse cibo dell’altro, lo farebbe non solo di buona voglia, ma con grande desiderio […]. E questo non per un momento, ma per sempre.
Questo che non sa e non può fare il mondo, questo che non può fare la creatura limitata, lo fa Dio, lo fa Gesù Cristo, vita nostra, per noi nel celeste convito dell’Eucaristica Mensa. Sì, Dio che ci ama davvero, Dio, che è vero amore, ed è onnipotenza dell’amore, ha potuto far tanto! E se non fosse stata necessaria la redenzione per la nostra salute, si sarebbe incarnato soltanto per stabilire questo gran sacramento dell’amore, in cui si dà tutto a noi nel Corpo, nell’Anima, nel Sangue, nella Divinità. Dio, essendo quel gran Dio che è, ha esaurito i veri tesori dell’Amore e dell’Onnipotenza, donandosi in cibo alle anime, istituendo questo sublime dono alla natura umana in generale, ma a ciascun uomo in particolare. Anzi anche l’incarnazione, la passione, la morte e tutti i misteri della Redenzione, furono diretti a questo fine.
Infatti la Chiesa, nostra madre, c’insegna che l’amato Gesù ama ognuno di noi con lo stesso amore con cui amò tutti, e fece e fa per ognuno di noi quello che fece e fa per tutti”.
Oppure:
“Non lasciare, figlia mia, la Santa Comunione: senza questo pane quotidiano, l’anima si indebolisce e muore. Ah, figlia mia, non far morire ciò che il Signore alimenta col suo corpo, col suo sangue, colla sua anima, con la sua stessa divinità; fa’ invece ogni sforzo per mantenere questa vita ch’è caparra di quella che godrai nell’eternità”.
“Oh, Egli è il più bello tra i figlioli degli uomini. Ed essendo Dio uguale al Padre, non ha saputo nascondere questo suo grande desiderio di essere cibo delle anime nostre. Perché tante freddure? È il Pane della vita, e chi ne mangia avrà la vita eterna. Egli stesso ci insegna a pregare per averlo giornalmente”.
CANTO
4 – PREGHIERA LITANICA
“Senza questo pane quotidiano l’anima si indebolisce e muore […]. È il Pane della vita e chi lo mangia avrà la vita eterna. Egli stesso ci insegna a pregare per averlo giornalmente”.
Preghiamo insieme:
Gesù, Pane di vita eterna, suscita in noi la fame di Te
– Signore, dacci sempre del tuo pane perché non veniamo meno per la strada.
– Signore, non si spenga l’entusiasmo della nostra donazione a Te.
– Signore, la comunione con te rafforzi continuamente il nostro proposito di perfezione, contro tutti
i ristagni e le stanchezze.
– Signore, fa’ che nel mondo malato di tristezza noi annunziamo la gioia della tua risurrezione.
– Signore, per la forza che ci doni con il divino alimento fa’ che moriamo ogni giorno al peccato per risorgere con te alla vita nuova.
– Signore, vogliamo portare ogni giorno al banchetto eucaristico le nostre sofferenze e le nostre pene per offrirle quale seme di resurrezione e di gloria.
Concludiamo questa nostra preghiera con l’invocazione al Padre Celeste, che ci ha donato il suo Figlio per nostro alimento vitale.
Padre nostro
5 – BENEDIZIONE EUCARISTICA E CONCLUSIONE
2. “NON MARCARE DIFFERENZA TRA
IL POVERO SOFFERENTE E GESÙ IN SACRAMENTO
1 – CANTO DI ESPOSIZIONE DEL SANTISSIMO
2 – PREGHIERA DI ADORAZIONE
Signore, noi ti adoriamo,
T. Mio Signore e mio Dio.
G.Cristo, noi crediamo in te,
T. Mio Signore e mio Dio.
G. Signore, noi speriamo in te,
T. Mio Signore e mio Dio.
Signore, perdona la nostra indifferenza dinanzi a te,
T. Abbi pietà di noi!
G. Cristo, perdona la poca fede dell’umanità,
T. Abbi pietà di noi!
G. Signore, perdona la nostra ricerca di false sicurezze,
T. Abbi pietà di noi!
3 – ASCOLTO DELLA PAROLA
Il noto passo evangelico di Matteo, che afferma come fatto a Dio tutto quello che si fa al più piccolo dei fratelli, ha motivato caritativamente tutti i mistici della carità, tra cui il Padre Giacomo Cusmano, che ne ha fatto una continua e pregnante riflessione con accenti di alto lirismo. Nella nostra spiritualità il povero è il “sacramento di Cristo” e noi pieghiamo le ginocchia in adorazione dinanzi al Cristo eucaristico come veneriamo, con la stessa devozione, il Cristo presente nel povero.
L.1 Dal Vangelo secondo Matteo: Mt 25, 31-45.
“Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli, si siederà sul trono della sua gloria. E saranno riunite davanti a lui tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri, e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra.
Allora il re dirà a quelli che stanno alla sua destra: ‘Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi’. Allora i giusti gli risponderanno: ‘Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito? E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti a visitarti?’.
Rispondendo, il re dirà loro: ‘In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me’.
Poi dirà a quelli posti alla sua sinistra: ‘Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli. Perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare; ho avuto sede e non mi avete dato da bere; ero forestiero e non mi avete ospitato, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato’. Anch’essi allora risponderanno: ‘Signore,
quando mai ti abbiamo visto affamato o assetato o forestiero o nudo o malato o in carcere e non ti abbiamo assistito?’
Ma egli risponderà: ‘In verità vi dico: ogni volta che non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non l’avete fatto a me’. E se ne andranno, questi al supplizio eterno, e i giusti alla vita eterna’”.
Oppure:
L.1 Dalle “Omelie sul Vangelo di Matteo” di San Giovanni Crisostomo.
“Vuoi onorare il corpo di Cristo? Non permettere che sia oggetto di disprezzo nelle sue membra, cioè nei poveri, privi di panni per coprirsi. Non onorarlo qui in chiesa con stoffe di seta, mentre fuori lo trascuri quando soffre per il freddo e la nudità. Colui che ha detto: ‘Questo è il mio corpo’ confermando il fatto con la parola, ha detto anche: ‘Mi avete visto affamato e non mi avete dato da mangiare’ e ‘Ogni volta che non avete fatto queste cose a uno dei più piccoli tra questi, non l’avete fatto neppure a me’. Il Corpo di Cristo che sta sull’altare non ha bisogno di mantelli, ma di anime pure; mentre quello che sta fuori ha bisogno di molta cura.
Impariamo dunque a pensare e onorare Cristo come egli vuole. Infatti l’onore più gradito che possiamo rendere a colui che vogliamo venerare è quello che lui stesso vuole, non quello escogitato da noi. Anche Pietro credeva di onorarlo impedendo a lui di lavargli i piedi. Questo non era onore, ma vera scortesia. Così anche per rendergli quell’onore che egli ha comandato, fa’ che i poveri beneficino delle tue ricchezze. Dio non ha bisogno di vasi d’oro, ma di anime d’oro.
Con questo non intendo certo proibirvi di fare doni alla chiesa. No. Ma vi scongiuro di elargire, con questi e prima di questi, l’elemosina. Dio infatti accetta i doni alla sua casa terrena, ma gradisce molto di più il soccorso dato ai poveri. Nel primo caso ne ricava vantaggio solo chi offre, nel secondo invece anche chi riceve. Là il dono potrebbe essere occasione di ostentazione; qui invece è elemosina e amore.
Che vantaggio può avere Cristo se la mensa del sacrificio è piena di vasi d’oro, mentre poi muore di fame nella persona del povero? Prima sazia l’affamato, e solo in seguito orna l’altare con quello che rimane. Gli offrirai un calice d’oro e non gli darai un bicchiere d’acqua? Che bisogno c’è di adornare con veli d’oro il suo altare, se poi non gli offri il vestito necessario? Che guadagno ne ricava egli? Dimmi: se vedessi uno privo del cibo necessario, e senza curartene adornassi d’oro solo la sua mensa, credi che ti ringrazierebbe o piuttosto non si infurierebbe contro di te? E se vedessi uno coperto di stracci e intirizzito dal freddo, trascurando di vestirlo, gli innalzassi colonne dorate, dicendo che lo fai in suo onore, non si riterrebbe forse di essere beffeggiato e insultato in modo atroce?
Pensa la stessa cosa di Cristo, quando va errante e pellegrino, bisognoso di un tetto. Tu rifiuti di accoglierlo nel pellegrino e adorni invece il pavimento, le pareti, le colonne ei muri dell’edificio sacro”.
PAUSA DI RIFLESSIONE
L.2 Dagli scritti del padre Giacomo Cusmano
“Poverelli di Gesù Cristo, voi siete gli amici di Dio, voi siete i nostri protettori, e le vostre preghiere per noi sono parimenti valevoli presso Dio che quelle dei santi del Cielo. Voi presso Dio siete onnipotenti, voi avete le chiavi del Cielo, i vostri voti regolano i tempi e le stagioni. Voi ci risparmiate i flagelli di Dio, voi ci liberate dalla morte eterna, voi siete l’immagine di Gesù Cristo, e
per questo i Santi, impediti di visitare Gesù in Sacramento, s’inginocchiavano dinanzi ai poveri infermi. Infelici coloro che non vogliono conoscervi, infelici coloro che non vogliono apprezzarvi; essi hanno la pupilla voltata all’ingiù. Ah! che vorrei levare alta la mia voce, e farla sentire sino ai più remoti confini del mondo, per invitare tutte le anime a conoscervi e a servirvi.
O anime elette che siete sparse su tutta la faccia della terra; anime elette che desiderate vedere Gesù, desistete da questo pio desiderio: in ciò vi sarebbe la soddisfazione dei sensi, ma i sensi potrebbero ingannarvi; però venite meco ed io appagherò il vostro desiderio. Volete vedere Gesù? ecco i poverelli: essi sono un altro sacramento, imperocché nella persona del povero sta nascosto Gesù […]. Gran cosa siete adunque voi, o poverelli di Gesù Cristo. Egli per voi impiegò gran parte della sua divina missione, egli elevò la povertà a sacramento, facendo di voi un oggetto di culto. Essendo così, ecco che io mi prostro ai vostri piedi e li bacio. Io credo che, facendo questo con voi, io lo faccio alla persona stessa di Gesù Cristo. Io tocco le vostre piaghe; curandole e medicandole colle mie mani sacerdotali, io credo di fare tutto ciò allo stesso Gesù Cristo. Voi restate umiliati e confusi, quand’io esercito questi uffici, stimando voi ciò come un avvilimento per la dignità sacerdotale. No, lasciatemi fare liberamente, con ciò io nobilito il mio sacro carattere.
Avvilì forse Gesù Cristo la sua dignità quando curò e servì i poveri e gli ammalati? avvilì la sua divinità quando toccò i morti e i leprosi? Il sacerdote che si esercita in questi uffici, rinnova quello stesso che fece Gesù Cristo. Egli, secondo me, continua o rammemora il sacrificio dell’altare; imperocché sull’altare tratta e maneggia il corpo di Gesù Cristo che fu sacrificato e crocifisso […] e nel letto dell’ammalato tratta e maneggia il povero coperto di piaghe, che è l’immagine di Gesù Cristo. All’occhio della carne queste sono cose schifose, ma all’occhio dello spirito sono cose divine” (Omelia ai Poveri della Quinta Casa, 1884).
Oppure:
L.2 “Io non trovo parole per esprimervi l’ineffabile gioia che inonda il mio cuore e lo spirito mio. Potere avere Gesù nella nostra casa! povero! sofferente! desideroso delle premure del nostro amore, ed averlo, non in visione o in estatica contemplazione, ma in fede! vuol dire in virtù di quella parola per la quale ci accerta che è Egli che riceve il nostro aiuto, il nostro sollievo, le nostre premure, quando le abbiamo usate verso il più piccolo, il più misero dei nostri fratelli […].
E perché fosse costante l’armonia del vostro canto, state perennemente allo spirito della vostra santa osservanza, che lega il cuore e l’anima vostra a Gesù pei Suoi Poverelli, in maniera da non marcar differenza tra il Povero sofferente e Gesù in Sacramento.
Unico amore, unica premura, unica osservanza è sempre Gesù. Correte alla Santa Comunione, correte al letto dell’ammalato, correte a sfamare l’affamato, correte a vestire l’ignudo, a dissetare l’assetato, ad insegnare all’ignorante, a seppellire il morto, è sempre Gesù; non diminuite il vostro affetto, non allentate le vostre premure, non menomate il vostro spirito. Egli vi sta daccanto, languisce pel vostro amore; e questo vuol darvi quando per tutte queste vie vi chiama a sé, vi avvicina e vi stringe al Suo Cuore!”.
Oppure:
L.2 “Egli ci ha prediletti, ci ha chiamati ad un perenne convito; non è noia né soffrire il servire il Signore! Gli Angeli e i Santi ne tirano la loro eterna beatitudine nell’eternità, e noi dovremmo sentire tutta la gioia e la felicità nel tempo. Dovremmo fare a gara per servirlo e sacrificarci per Lui. Egli è, Egli è, e non gli uomini, che si mostra a noi nei poverelli. Egli che si unisce a noi nella fatica, nei travagli e nella osservanza. Se abbiamo le traveggole agli occhi, se ancora lo spirito privato e dell’amor proprio ci regge, noi tirati dalla corruzione del cuore, faremo quello che fecero gli Ebrei, che L’ebbero in mezzo a loro e non lo riconobbero, e lo perseguitarono, e lo crocifissero! […].
Quanto è grande la nostra fortuna, avendoci Egli chiamato a servirlo, ed amarlo nel nostro prossimo, nei suoi Poverelli! Deh, non guardate no, non guardate più coll’occhio vostro materiale le creature con cui Dio vi fa convivere, e quelle ancora al cui servizio vi fa dedicare […). Guardate questa bella immagine del vostro buon Gesù, e particolarmente vagheggiatela con l’occhio della vostra fede; amatela col sentimento più intimo ed ardente della vostra carità nella persona dei Suoi Poverelli che egli vi affida”.
4 – OMELIA O RIFLESSIONE PERSONALE
CANTO
5 – INVOCAZIONI
Chiediamo al Signore la grazia di saper riconoscere la sua presenza in ogni persona che incontriamo e in ogni avvenimento, lieto o triste che sia.
Aiutaci a scoprire la tua presenza, o Signore!
– Nella tua meravigliosa creazione
– Nel sole che sorge ogni mattina
– Nel tramonto di ogni nostra giornata
– In ogni avvenimento della vita
– In ogni prova e in ogni dolore
– Nel successo come nel fallimento
– In ogni persona che ci sta accanto o che incontriamo
– In chi ci guida nella società e nella vita
– Nelle scelte politiche e sociali
– Nella famiglia in cui ci hai fatto nascere
– Nella comunità in cui viviamo e lavoriamo
– In coloro che ci vogliono bene
– In coloro che ci sono indifferenti
– In chi ci ha fatto del male
– In ogni povero
– In ogni ammalato
– In ogni anziano
– In ogni bambino
– In ogni carcerato
– In ogni uomo privo della tua grazia
Preghiamo
Signore, che la tua grazia vivifichi il dono della fede che abbiamo ricevuto da te. Che noi possiamo riconoscere la tua presenza tra noi e in tutti coloro che quest’oggi incontreremo, in particolare nel Povero – tuo Sacramento. Non si rompa questo legame che ci unisce a te e nel quale tu ci hai stabilito. Tu sei il Dio fedele, ora e sempre.
Amen.
6 – BENEDIZIONE EUCARISTICA E CONCLUSIONE
3. BOCCONE EUCARISTICO PANE SPEZZATO
1 – CANTO DI ESPOSIZIONE DEL SANTISSIMO
2 – PREGHIERA DI ADORAZIONE
G. “Ti adoriamo, Signore Gesù Cristo, qui e in tutte le chiese che sono nel mondo intero e ti benediciamo perché con la tua santa croce hai redento il mondo” (San Francesco d’Assisi).
T. Signore, aumenta la nostra fede!
G. Signore, da chi andremo?
T. Tu solo hai parole di vita eterna.
G. Signore, io credo! Aiuta la mia debole fede!
T. Signore, che io ti senta accanto, parola di salvezza, pane di vita, caparra di gloria.
G. Preghiamo
Signore, che ogni giorno ci chiami alla tua mensa, concedi, ti preghiamo, che la celebrazione dell’Eucaristia sia il segno vero della nostra volontà di comunione e la sorgente d’una unione sempre più profonda fra noi e con te. Per Cristo nostro Signore.
Amen
3 – ASCOLTO DELLA PAROLA
La spiritualità eucaristica del “pane spezzato” trova una particolare espressione nel “boccone eucaristico”, che sta alla genesi dell’idea cusmaniana del “Boccone del Povero”. “Spezzare il pane” è un costante invito, perché la nostra carità, materiale e spirituale, si renda operosa, e pertanto credibile.
“I due Discepoli di Emmaus conobbero Gesù non mentr’Egli spiegava le Scritture, ma mentre spezzava il pane. Dunque noi, se vogliamo far conoscere Gesù, dobbiamo cominciare non dal ‘docere’, ma dal ‘facere’. Alle anime non basta ascoltare. I Poverelli, vissuti lontani da Dio, vogliono vedere; e noi dobbiamo aiutarli con le nostre opere, acciocché essi, ammirandone la santità, possano dar gloria a Dio” (Padre Giacomo Cusmano).
L.1 Dal Vangelo secondo Luca: Lc 24, 13-17, 27-3.
“Ed ecco in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio distante circa sette miglia da Gerusalemme, di nome Emmaus, e conversavano di tutto quello che era accaduto. Mentre discorrevano e discutevano insieme, Gesù in persona si accostò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano incapaci di riconoscerlo. Ed egli disse loro: ‘Che sono questi discorsi che state facendo fra voi durante il cammino?’ […]. E cominciando da Mosè e da tutti i profeti spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui.
Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistettero: ‘Resta con noi perché si fa sera e il giorno già volge al declinò. Egli entrò per rimanere con loro. Quando fu a tavola con loro, prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Ed ecco si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma lui sparì dalla loro vista. […]. Essi poi riferirono ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane”.
PAUSA DI RIFLESSIONE
Il soccorso materiale deve portare al nutrimento spirituale, il Boccone del Povero al boccone eucaristico: come Gesù che, vedendo i suoi ascoltatori affamati, moltiplica i pani e dà loro da mangiare; quindi spezza loro il pane della Parola e annunzia il dono del suo Pane eucaristico. Nel Cusmano è l’affermazione della sacramentalità del povero a introdurre il senso eucaristico del Boccone del Povero. Egli stesso ne comunica la genesi eucaristica.
a cori alterni
1 – “Questo nome misterioso (il Boccone del Povero), sotto il quale è nata un’opera a beneficio degli infelici, venne dall’idea della S. Eucaristia, Sacramento del divino amore,
2 – per mezzo del quale Gesù Cristo, rendendosi pane di vita eterna e comunicandosi nella frazione di esso ai peccatori, che sono nel vero senso i poveri perché spogli affatto dei beni celesti,
1 – viene a ricercarli sfamandoli di ogni strano e dannoso appetito e nutrendoli del vero nutrimento che dà la vita e la vita eterna.
2 – Talché il Boccone del Povero, nel suo primo intendimento, è la santa Comunione, per la quale, procurando che partecipino tutti i peccatori, si diffonda ovunque il principio della generazione e della vita.
1 – Da ciò si vede che il soccorso materiale, che si è cercato nell’Associazione nata sotto questo nome, non ha avuto altro scopo che quello di riunire mezzi ed operai per lavorare alla vita vera, all’osservanza della santa legge di Dio, alla imitazione e alla unione di Gesù Cristo;
2 – e così, avvicinando i ricchi ai poveri, unire tutte le creature nel vincolo della carità che formar deve l’eterna beatitudine degli eletti” (Padre Giacomo Cusmano).
CANTO
4 – OMELIA, o il seguente commento
Il boccone materiale porta al boccone spirituale, ma è anche il boccone eucaristico a suggerire l’opera di carità del “Boccone del Povero”. C’è un pane che deve essere spezzato affinché noi amo la vita: il Cristo, Pane di vita eterna, che ci rigenera tutti, poveri, ricchi, peccatori o meno. Tutti, nutrendoci di questo pane, riceviamo “il principio della generazione e della vita”. Ma questo non può avvenire senza la condivisione fraterna. Non è un fatto intimistico la santa comunione. È un gesto conviviale, in cui si spezza il Pane comune, quel Pane che ci chiama a conversione, a fare della mensa eucaristica la mensa della carità, l’agape fraterna, che non si conclude con l’invito: “Andate, la messa è finita”.
Allora comincia la mensa della carità. Quel pane eucaristico, spezzato nella sacra mensa, trova il compimento nel pane quotidiano spezzato con il fratello povero, nel quale abbiamo riconosciuto lo stesso Corpo del Signore, povero, piagato, crocifisso. “Il boccone materiale deve portare le anime al boccone eucaristico, come il boccone eucaristico deve unire il cuore dei ricchi al cuore dei poveri e fare di tutti un cuor solo, un’anima sola” (P. Giacomo Cusmano).
L.1 Nell’Eucaristia il nostro Dio ha manifestato la forma estrema dell’amore, rovesciando tutti i criteri di dominio che reggono troppo spesso i rapporti umani e affermando in modo radicale il criterio del servizio: “Se uno vuol essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servo di tutti” (Mc 9,35). Non a caso, nel Vangelo di Giovanni non troviamo il racconto dell’istituzione eucaristica, ma
quello della “lavanda dei piedi” (cfr. Gv 13, 1-20): chinandosi a lavare i piedi dei suoi discepoli, Gesù spiega in modo inequivocabile il senso dell’Eucaristia. San Paolo, a sua volta, ribadisce con vigore che non è lecita una celebrazione eucaristica nella quale non risplenda la carità testimoniata dalla concreta condivisione con i più poveri (cfr. 1Cor 11, 17-22.27-34).
L.2 La vera unione dei cuori si attua alla mensa eucaristica, sacramento della fratellanza universale. In questo senso il Cusmano parla del boccone, materiale ed eucaristico, come “amo di carità”, che unisce tutti i cuori alla mensa dell’amore. La nostra mensa, dell’Eucaristia e della carità, fondata sul riconoscimento dello stesso Corpo di Cristo, ci chiama a conversione. Celebrando l’Eucaristia, ricordiamo l’esortazione di Paolo: “Ciascuno esamini se stesso e poi mangi di questo pane, e beva di questo calice; perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna” (1 Cor 11, 28-29). Il padre Giacomo Cusmano ci ha indicato come “riconoscere il corpo del Signore”, oltre che nella reale presenza eucaristica, anche nel povero, nostro fratello. E riconoscerlo fattivamente, giorno dopo giorno.
“Vedi quel tuo fratello? non ha tetto, non cibo, non medicine. Sottrai qualche cosa alle tue vanità, ai tuoi piaceri, al tuo superfluo; togli un boccone e daglielo; da’ alcune ore a visitare il povero, a consolare l’afflitto; non coricarti senza che la tua coscienza ti renda testimonio di un servizio reso al prossimo”.(Padre Giacomo Cusmano)
CANTO
5 – PREGHIERA DI INTERCESSIONE
E ora preghiamo perché, come i discepoli di Emmaus, sappiamo riconoscere Cristo nello spezzare il pane, condividendo il nostro boccone materiale e spirituale con i fratelli che ne sono privi.
Aiutaci a riconoscerti nello spezzare il pane.
– Perché sappiamo meglio condividere il pane che abbiamo ricevuto da te, Signore, noi ti preghiamo.
– Perché condividiamo la gioia che tu ci infondi, Signore noi ti preghiamo,
– Perché sappiamo condividere la speranza che ci viene da te, Signore noi ti preghiamo,
– Perché condividiamo meglio tutte le ricchezze che riceviamo da te, Signore noi ti preghiamo,
– Perché condividiamo di più l’amore con cui tu ci ami, Signore noi ti preghiamo.
PAUSA DI RIFLESSIONE
Le invocazioni che seguono saranno intervallate ciascuna da un momento di silenzio
– Padre, rendici solidali con quanti soffrono e penano.
– Rendici solidali con quanti cercano invano un lavoro.
– Rendici solidali con i genitori che non riescono a dare ai figli ciò di cui hanno bisogno.
– Rendici solidali con i bambini che vengono maltrattati e con quanti, nel mondo, sono senza pane.
– Rendici solidali con i giovani nei quali non si ha più fiducia.
– Rendici solidali con gli esiliati, i profughi, con tutti coloro che vengono scacciati dalla loro patria.
– Rendici solidali con quanti sono maltrattati ingiustamente a causa della loro fede.
– Rendici solidali con quanti, vicino a noi, sono dimenticati e che spesso anche noi tendiamo a
ignorare.
6 – PREGHIERA DEL “PADRE NOSTRO”
“Gesù Cristo insegnò unica preghiera pel povero e pel ricco. Il ricco dice: “Padre nostro che sei nei cieli”, e “Padre nostro” ripetono i poveri che gemono sprovvisti e languenti. Pertanto uno solo è il Padre di tutti, e tutti siamo fratelli in Gesù Cristo. Dunque per amore del Padre che abbiamo comune, al quale come i poveri diciamo: “Dacci oggi il nostro pane quotidiano”, dobbiamo privarci di un boccone. Il non farlo sarebbe mancanza di amore, sarebbe disprezzo, ingiustizia, ingratitudine”(Padre Giacomo Cusmano).
Padre nostro
7 – BENEDIZIONE EUCARISTICA E CONCLUSIONE
CANTO PER LA BENEDIZIONE EUCARISTICA
Adoriamo il Sacramento
che Dio Padre ci donò.
Nuovo patto, nuovo rito
nella fede si compì.
Al mistero è fondamento
la parola di Gesù.
Gloria al Padre onnipotente,
gloria al Figlio Redentor,
lode grande, sommo onore
all’eterna Carità.
Gloria immensa, eterno amore
alla Santa Trinità.
Amen.
BENEDIZIONE EUCARISTICA
Hai dato loro un pane dal cielo.
T. Che porta in sé ogni dolcezza.
Preghiamo
Signore Gesù Cristo, che nel mirabile sacramento dell’Eucaristia, ci hai lasciato il memoriale della tua Pasqua, fa’ che adoriamo con viva fede il santo mistero del tuo Corpo e del tuo Sangue, per sentire sempre in noi i benefici della redenzione. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli.
Amen.
Acclamazioni finali
– Dio sia benedetto
– Benedetto il suo santo nome
– Benedetto Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo
– Benedetto il nome di Gesù
– Benedetto il suo sacratissimo Cuore
– Benedetto il suo preziosissimo Sangue
– Benedetto Gesù nel SS. Sacramento dell’altare
– Benedetto lo Spirito Santo Paracleto
– Benedetta la Gran Madre di Dio Maria Santissima
– Benedetta la sua santa e immacolata concezione
– Benedetta la sua gloriosa assunzione
– Benedetto il nome di Maria, vergine e madre
– Benedetto S. Giuseppe, suo castissimo sposo
– Benedetto Iddio nei suoi angeli e nei suoi santi.
CANTO FINALE